L’alieno scese la scala a chiocciola di ragnatele. Il busto era piccolo come una testa umana, ma nel complesso era alto tre metri. Due gambe sottili reggevano il busto da cui si snodavano due braccia lunghe fino a terra e altre quattro atrofizzate, ripiegate su se stesse. Arrivato sul luogo dell’impatto la creatura di arrestò. Davanti a lei giacevano decapitati i corpicini di decine di cuccioli alieni. La scia di corpi continuava davanti al ragnide, fino a perdersi nei meandri del mare di ragnatele. Nascosto dietro le scale di lanugine, Vaclav sentì aumentare i battiti di qualunque cosa quella bestia avesse al posto del cuore. Sorrise: era paura.
Il ragnide lanciò il suo gorgoglio – lo stesso di quando succhi le ultime gocce di sangue da una vacca. Arrivò un altro ragnide, col fucile ad acido stretto tra le zampe. Si scambiarono un paio di squittii; uno raccolse un corpicino e lo scosse come per rianimarlo. Di colpo si arrestò. Lasciò cadere l’insetto morto e lanciò un urlo. Indicò una sagoma umanoide alla fine del sentiero di cadaveri: indossava un casco anti-sole. L’altro alzò il fucile, ma il capo lo fermò.
Certo, non possono mica rischiare di distruggere tutti questi giovani: sono così innocenti e pieni di potenziale.
Il soldato avanzò verso l’esca. Vaclav si passò la lingua sui canini. Niente da fare, più lisci di quelli di una vacca vegana. Tagliò una spessa corda di ragnatela, la tese tra le mani, e uscì dal suo nascondiglio. Mentre raggiungeva alle spalle l’alieno disarmato, vide il soldato sollevare il casco, scoprendo il blocco di ghiaccio secco.
Ma ormai era abbastanza vicino: piegò le gambe e spiccò un balzo. Colpì la creatura alla schiena, facendola cadere in avanti. Prima che raggiungesse il terreno, le aveva già avvolto il collo con la ragnatela. Afferrò il cappio con entrambe le mani, si alzò, e diede una pedata alla nuca della bestia. La chitina si frantumò sotto il suo peso, e la linfa di ragnide gli schizzò contro il viso.
Alzò gli occhi e vide il soldato correre verso di lui. Il vampiro si leccò le gocce di sangue sulle labbra e saltò in alto, arrampicandosi tra le ragnatele.
Il ragnide squittì: puntò il fucile nel buco sul soffitto in cui era scomparsa la bestia. Poi si chinò sul corpo ai suoi piedi: aveva il collo spezzato e non dava segni di vita. Un fruscio di ragnatele fece drizzare l’alieno. Roteò sulle zampine, puntando il fucile davanti a sé. Sentì un altro fruscio, poi un alito freddo contro la chitina del collo. Si voltò.
Il volto butterato, solcato dalle cicatrici di centinaia di ustioni, conteneva a malapena le zanne insanguinate della creatura terrestre. Il vampiro azzannò la canna del fucile ad acido e spezzò in due. Il ragnide strillò di terrore. Vaclav spalancò le fauci e le richiuse sul collo della bestia.
Finito di succhiare si lasciò cadere sul corpo rinsecchito della creatura. -Proprio quello che mi ci voleva- disse Vaclav, passandosi il dorso della mano sulla bocca.
Raccolse il casco e lo pulì dalle ragantele. Il vetro blu scuro rispecchiava il suo volto. Il calore del pianeta lo avevano cotto come una bistecca. Sembrava che avesse sabbia al posto della pelle, più uno zombie che un vampiro. O un patriarca rincoglionito con più di mille anni.
-Merda…- ringhiò mentre infilava il casco. Il mare di ragnatele tornò a essere azzurro.
Vaclav si fasciò lo strappo al ginocchio con la bava di ragno e strattonò la tuta per testarne la resistenza: sì, avrebbe funzionato. Salì le scale a chiocciola ed emerse dalla schiuma di ragnatele. L’aracnocamminatore era di fronte a lui: la cupola in vetro dell’abitacolo gli rifletteva la luce contro gli occhi. Si arrampicò sulla scaletta laterale; il metallo cigolava sotto il suo peso. Afferrò le due leve di comando e accese il motore. Con quello sarebbe stato uno scherzo raggiungere le montagne.